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Il “risveglio” e il linguaggio tonale Conversazione con Michel Balat di Laura GRIGNOLI
mardi 26 octobre 2010, par
Il “risveglio” e il linguaggio tonale Conversazione con Michel Balat di Laura GRIGNOLI
— Comment on dit en italien ’Musement’ ?
— Cosa ? rispondo distratta.
— Non esiste traduzione letterale... è un neologismo...
— Bon, on dira ’Musamento’.
— Ci pensa un po’, poi — Et ’scriba’— ?
— Scriba ! È… é latino... rispondo soddisfatta di essere preparata all’interrogazione a sorpresa.
Stiamo recandoci all’incontro con degli studenti in formazione psicoanalitica e lui mentalmente coagula, forse, i suoi pensieri attorno a temi a lui familiari, di cui probabilmente vuol parlare... Si accerta, dunque, se l’interprete naïve (la sottoscritta scoprirà poi cosa lui intende per interprete !) sia in grado di cavarsela di fronte a parole intraducibili...
Approfitto di Michel Balat presente a due seminari presso due nostre strutture abruzzesi per approfondire i temi di cui in questi giorni l’ho sentito parlare.
Avevo tentato di leggere qualche suo scritto in proposito (2000), ma un po’ per le difficoltà a leggere in una altra lingua (è una scusa... i romanzi li leggo senza fatica...), un po’ per il tema ostico della semiotica peirciana avevo abbandonato disillusa.
È tutt’altra cosa sentir parlare Balat dal vivo e quegli stessi temi, che l’inchiostro tipografico rende piuttosto ipnotici, nel racconto verbale, farcito di aneddoti e di casi clinici, risultano addirittura affascinanti.
Non si fa pregare per rilasciare questa intervista. È domenica pomeriggio : il lavoro è finito, la tensione sparita, la convivialità di un buon pranzo all’abruzzese ci ha reso più complici. È visibilmente contento di poter approfondire i temi a lui cari. Ma se la sua è un’emozione gradita, la mia è un’ansia da scolaretta. Mi mostro curiosa di sapere di più su un Pierce il cui nome avevo da sempre legato al pragmatismo deweyano quando affrontai in ’un’altra vita’ la mia preparazione all’insegnamento. Fine anni sessanta. Quasi mezzo secolo fa...
Ma torniamo alla conversazione. Si avvisa il lettore che molti concetti non sono esaustivi, che le risposte danno per scontato che si abbia una conoscenza almeno vaga del suo lavoro con pazienti in risveglio dal coma. Tuttavia, l’interrogativo che mi preme di far emergere è quello di far risaltare il linguaggio nelle sfu¬mature e nelle funzioni interlocutorie.
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